Malasanità
L’Associazione Linea di Difesa si occupa di malasanità.
La malasanità, più correttamente detta responsabilità medica, è quel tipo di responsabilità che deriva dai danni cagionati ai pazienti a seguito di errori od omissioni del personale sanitario.
A seguito della recente riforma del settore ad opera della legge Gelli (legge n. 24/2017), i connotati della responsabilità civile dell’operatore sanitario sono stati definiti in maniera differente a seconda che la responsabilità per un determinato danno debba essere ascritta a coloro che operano presso una struttura sanitaria (a qualsiasi titolo) oppure alla struttura sanitaria, sia essa privata o pubblica.
Cos'è la responsabilità contrattuale?
La responsabilità contrattuale è la responsabilità del debitore (nel nostro caso il medico) per inadempimento (mancata o inesatta esecuzione della prestazione dovuta). Ai sensi dell’art. 1218 cod.civ. “il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile”.
Cos'è la responsabilità extracontrattuale?
Detta anche aquiliana (dalla lex Aquilia del 287 a.C., che per prima disciplinò, nel diritto romano, la responsabilità ex delicto), è la responsabilità civile che sorge in conseguenza del compimento di un fatto illecito, doloso o colposo, che cagioni ad altri un ingiusto danno.
Cos'è la legge Gelli?
L. 24/2017 (Gelli-Bianco): “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie”
![52070-[Convertito]](https://www.lineadifesa.it/wp-content/uploads/2020/12/52070-Convertito.png)
Mentre, infatti, i medici rispondono a titolo di responsabilità extracontrattuale, e quindi ai sensi dell’art. 2043 cod. civ., le strutture sanitarie rispondono a titolo di responsabilità contrattuale (art. 1218 cod.civ.): con tutte le conseguenze che ne derivano in termini di onere probatorio del fatto illecito e di prescrizione (che è quinquennale per la responsabilità extracontrattuale e decennale per la responsabilità contrattuale).
Sotto il profilo della responsabilità penale, l’art. 590 sexies cod.pen., introdotto dall’art. 6 della L. 8 marzo 2017, n. 24, prevede una causa di non punibilità in ordine ai reati di cui all’art. 589 cod.pen. (omicidio colposo) e di cui all’art. 590 cod.pen. (lesioni colpose).
Nello specifico la norma in questione mira ad escludere la responsabilità penale per omicidio colposo o lesioni colpose a carico di quel medico che, nell’esercizio di operazioni sanitarie (chirurgiche o terapeutiche), abbia agito con imperizia, pur avendo rispettato le raccomandazioni previste dalla linee guida o dalle buone pratiche clinico-assistenziali: a condizione tuttavia che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alla specificità del caso concreto.
A riguardo la giurisprudenza della Cassazione (cfr. Cass. pen., Sez. Un., sentenza 22/02/2018 n. 8770) ha chiarito che le raccomandazioni contenute nelle linee guida definite e pubblicate ai sensi dell’art. 5 della L. 8 marzo 2017, n. 24 – pur rappresentando i parametri precostituiti a cui il giudice deve tendenzialmente attenersi nel valutare l’osservanza degli obblighi di diligenza, prudenza, perizia – non integrano veri e propri precetti cautelari vincolanti, capaci di integrare, in caso di violazione rimproverabile, ipotesi di colpa specifica, data la necessaria elasticità del loro adattamento al caso concreto; ne consegue che, nel caso in cui tali raccomandazioni non siano adeguate rispetto all’obiettivo della migliore cura per lo specifico caso del paziente, l’esercente la professione sanitaria ha il dovere di discostarsene.
Come noto, attualmente la Sanità italiana – che negli anni ha subito tagli di spesa per ben 37 miliardi di euro – è in affanno nella cura del virus sars-covid-19, i posti letto in terapia intensiva non bastano per tutti.
Si è gravemente tardato, soprattutto scoraggiando le autopsie, la scoperta della terapia corretta contro il coronavirus.
Mancano tuttora, inspiegabilmente, protocolli nazionali uniformi per guidare i medici di base nella cura domiciliare del noto virus ed ancor prima una normativa unitaria, chiara e comprensibile, in base al principio di certezza del diritto.
Autorevoli medici e scienziati, peraltro, hanno scoperto che contro il covid-19 sono efficaci rimedi il cui unico “difetto” è quello di costare poco (di qui la loro scarsa diffusione): idrossiclorochina (sulla cui ammissibilità ed utilità si è pronunciato il Consiglio di Stato con sentenza n. 07097/2020 REG.PROV.CAU dell’11 dicembre 2020), anticoagulanti, antibiotici come l’azitromicina, il plasma dei guariti.
Non si è puntato sulla prevenzione del virus, omettendo di incoraggiare con opportune campagne informative l’assunzione di vitamine C e D, dieta equilibrata, attività fisica…
In questo quadro piuttosto drammatico per il nostro Paese, si verificano non di rado casi abbastanza clamorosi: ad esempio il caso del paziente necessitante di intervento chirurgico di urgenza che, in attesa del risultato del tampone, gli viene rinviato.